Francesco Jovane. Dal suo particolare osservatorio di inviato delle maggiori testate italiane, Jovane apre una finestra privilegiata sui principali avvenimenti che hanno caratterizzato la cronaca mondiale di oltre un cinquantennio, registrandoli con sensibilità e taglio giornalistico unici. Le sue foto, passando sotto gli occhi di milioni di persone, hanno - con quel particolare stile scarno, diretto e, proprio per questo efficace - raccontato, gridato, denunciato o semplicemente informato. Il materiale fotografico, che i figli Stefania, Massimo e Alessandro hanno voluto affidare a questo Museo, affinché potesse essere conosciuto, studiato, reso fruibile, è composto da circa 30.000 fototipi tra negative b/n, diapositive a colori e stampe in bianco e nero. Francesco Jovane, nato a Nocera Inferiore, si trasferisce, nel 1950, a Milano dove trova lavoro, presso un settimanale, come ragazzo delle consegne. Comincia per caso a fotografare con una Rolleiflex, e man mano percepisce la po tenzialità che l’apparecchio gli consente per potersi esprimere e l’opportunità di poter intraprendere anche la vita avventurosa che ha sempre, inconsciamente, voluto fare. Nel fotogiornalismo d’assalto trova finalmente la sua dimensione, quell’istinto innato di raccontare le storia in uno scatto, di fermare in un solo fotogramma l’attimo giusto: quello che ti narra più di un capitolo di un libro, istinto che solo pochi e per questo grandi fotografi hanno. Comincia a lavorare come fotografo per le più importanti Agenzie giornalistiche di allora quali Enterprise, Zenit Press, Olympia, Publifoto, Agenzia Italia. Le sue immagini affascinano i direttori dei rotocalchi (Oggi, Gente, La Domenica del Corriere, Epoca, Espresso, L’Europeo, Annabella, Stern) che, in breve tempo, lo spediscono a fotografare eventi e personaggi in ogni parte del mondo. Dall’invasione sovietica in Ungheria alla tragedia delle miniere belghe di Marcinelle, dalla guerra in Indocina al Vietnam, dalla rivolta in Algeria alla Primavera di Praga, e la tragedia del Vajont, e il Cile, la Bolivia, il Congo. Non vi è stata persona o evento che Jovane non abbia fotografato. Indimenticabili i suoi reportage su Allende, Neruda, Francisco Franco, Umberto di Savoia, i Kennedy, Nasser, Khruschev. Non disdegnava neppure la cronaca cosiddetta rosa: ha immortalato Totò e la Magnani, Burton e la Taylor, Eduardo, Onassis, Callas, Kissinger…. In Spagna diventa corrispondente fotogiornalistico accreditato presso la Zarzuela, dimora dell’allora principe Juan Carlos di Borbone, futuro re di Spagna. Intorno agli anni ’70 decide di intraprendere la sua battaglia più impegnativa: ritornare nella sua terra, in Campania, e impiantare quella che poi sarà la prima, grande agenzia fotogiornalistica campana: l’Alfa Press Service, fucina di tanti bravi futuri fotoreporter. Da Napoli, oltre che coprire ancora eventi di respiro internazionale, si trova, gioco forza, a documentare i peggiori fatti di cronaca di allora dovuti allo scatenarsi della guerra di camorra. Le sue foto non sono solo cronaca ma anche denuncia. Grazie alle sue immagini sui manicomi campani l’Italia è posta drammaticamente davanti al problema dei malati mentali detenuti negli ospedali psichiatrici e alle conseguenze dell’applicazione della legge Basaglia. Tutta la cronaca, nera o rosa che sia, relativa non solo alla Campania ma a tutto il sud del Paese, viene coperta dall’Alfa Press di Jovane. In questo periodo, nonostante l’impegno che gli fornisce il territorio campano, Jovane copre personalmente anche eventi internazionali: è alla caduta del muro di Berlino, nella Guerra del Golfo, in Iran, in Tunisia, ma riprende anche il terremoto del 1980, la vita infernale dei detenuti a Poggioreale, le faide di camorra… Francesco Jovane muore a Nocera Inferiore (Sa) il 15 dicembre 2002.